Da Brecht ai “Piccoli maestri”

I “Piccoli maestri” sono un’associazione culturale nata nel 2011 da un’idea di Elena Stancanelli, che ammette di aver copiato l’idea da Dave Eggers, l’ideatore di 826 Valencia, un progetto nato per aiutare bambini e adolescenti con problemi nella scrittura.
L’associazione che deve il suo nome al romanzo di Meneghello è costituita da un gruppo molto ampio di scrittori che, a titolo gratuito, per il puro amore della lettura e per il piacere di diffonderlo, vanno nelle scuole in cui vengono invitati, dalle elementari alle superiori, a parlare di libri ( si badi bene, mi riferisco a libri scritti da altri: non vanno a promuovere i propri libri, operazione in sé dignitosissima, ma ben diversa dallo spirito che impronta questa associazione).
L’idea dell’associazione ha suscitato il mio entusiasmo appena ne ho sentito parlare: la realtà non ha fatto altro che confermare l’entusiasmo della prima impressione.
Nel blog dell’associazione avevo letto:
“Ciascuno dei Piccoli Maestri sceglie un libro. Il libro che ritiene più giusto, quello che ama di più, quello che vuole. E se ne fa carico. Raccontandolo e facendolo leggere ai ragazzi”.
(Meravigliosa l’idea del “farsi carico” di un libro).
“Il deserto dei tartari” non è un romanzo facile da amare (non sono certa che saprei spiegare bene le ragioni, prevalentemente dolorose, che mi hanno spinto ad amarlo fin dalla mia prima lettura da adolescente); quando ho scoperto che uno dei piccoli maestri, Graziano Graziani, aveva scelto di “farsi carico” proprio di quel romanzo, non ho potuto fare a meno di invitarlo.
L’incontro ha preso le mosse dalla lettura, appassionata, del testo: la voce di Graziani che ripercorreva i passi cruciali del libro ha catturato le tre classi di alunni radunatesi nella piccola biblioteca del Liceo dove insegno.
Con uno stile vivace ma al contempo lucido e rigoroso, Graziani ha condotto i ragazzi nel cuore del romanzo, mostrando loro come la dimensione del fantastico non appartenga alla nostra letteratura, che ha piuttosto una vocazione realistica.
Li ha portati a interrogarsi sulle motivazioni per cui Buzzati, nel 1940, ha scelto un genere apparentemente ascrivibile al fantastico, ponendo poi altri interrogativi legati al primo: ogni forma di fantastico è necessariamente evasione? Oppure Buzzati ha criticato in modo indiretto il regime e le assurdità dei formalismi vuoti della vita militare attraverso un romanzo apparentemente privo di impegno?
Li ha fatti poi interrogare sul significato profondo della fortezza Bastiani, chiamandoli in causa direttamente, facendoli riflettere sull’ interpretazione del romanzo proposta e invitandoli a farsene un’idea propria.
Guardando negli occhi i miei alunni durante l’incontro, conoscendo bene l’espressione del loro interesse, della loro noia, della loro curiosità e della loro passione, ho avuto la netta sensazione che, anche se non per tutti, il piacere della lettura e la consapevolezza della necessità del dubbio si fossero affacciati nella biblioteca del mio Liceo.

Sia lode al dubbio! Vi consiglio, salutate
serenamente, e con rispetto chi
come moneta infida pesa la vostra parola!
Vorrei che foste accorti, che non deste
con troppa fiducia la vostra parola. (…)
Ma d’ogni dubbio il più bello
è quando coloro che sono
senza, fede, senza forza, levano il capo e
alla forza dei loro oppressori
non credono più!”
(BERTOLT BRECHT tradotto da FRANCO FORTINI)

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